Una figura femminile siede sul bordo del letto, raccolta in se stessa, il corpo piegato, le mani alzate a schermare il volto. Il gesto, istintivo, non è solo difesa: è soglia. Una distanza tracciata tra sé e qualcosa che incombe.
La luce entra da una fessura e taglia la scena come una sentenza. Non illumina, ma espone.
La donna sembra fuggire senza muoversi, rifugiandosi in un angolo geometrico del mondo, tra schegge, angoli e pieghe.
Tutto intorno, il reale si disgrega in frammenti instabili. La pelle diventa mappa, il tessuto si spezza in schegge, lo spazio vibra come una corda sul punto di rompersi.
Forse la minaccia è fuori. O forse è dentro, nella luce che la raggiunge e lei non vuole più vedere.